La storia
Il primo pianoforte elettrico venne sviluppato da Harold Rhodes
durante la Seconda Guerra Mondiale, utilizzando materiale
aeronautico di scarto e realizzando uno strumento la cui
estensione copriva due ottave e mezza e sfruttava una serie di
sbarrette di alluminio messe in vibrazione da una tastiera di
legno. Lo strumento era quello: dopo una serie di perfezionamenti
e con la collaborazione di Leo Fender si arrivò alla versione
attualmente conosciuta come Fendere Rhodes, il piano elettrico
per eccellenza.
Il Fender Rhodes | |
Ogni tasto del Fendere
Rhodes, se percosso, mette in vibrazione una sbarretta di
acciaio posizionata con una certa precisione in asse ad
un pick up; questo ne rileva il campo magnetico e la sua
variazione (né più né meno come nella chitarra
elettrica). Sopra ad ogni sbarretta vibrante c'è una
staffa di metallo che contribuisce a definire il campo
magnetico. Il meccanismo è stabile e permette di
accordare con una certa facilità il pianoforte.
L'intonazione delle note si ottiene facendo scorrere
lungo l'astina vibrante una molla elastica, una specie di
cavaliere che con la sua massa varia la superficie
vibrante. Il segnale raccolto dai pick ups (ce n'è uno
per ogni tasto) viene inviato in punto di somma e
presentato all'uscita dello strumento, passando priam per
un controllo di tono passivo, definito Bass Boost. Vediamo pregi e difetti dello strumento. La polifonia dello strumento è (naturalmente) totale, ogni tasto ha infatti il proprio sistema di generazione sonora che viene limitata solo dalle dita dell'esecutore o dalle dimensioni della cantinella in legno utilizzabile per abbassare contemporaneamente più tasti; la timbrica è dinamicamente sensibile alle sollecitazione del pianista, le sbarrette metalliche, percosse con più forza dai martelletti, vibrano con maggiore intensità ed il timbro di partenza, molto simile a quello prodotto da una forma d'onda triangolare assume nuove armoniche ed un pizzico di distorsione, che, in determinati casi, può diventare anche molto cattiva; la tastiera, per quanto non sia il massimo della risposta ai ribattuti veloci, è comunque pesata e ricorda quella di un pianoforte verticale acustico. Il peso dello strumento è tale da sconsigliarne il trasporto se non per cause di forza maggiore; la relativa delicatezza dello strumento obbliga il musicista a controllare che i tasti, le lamelle e la meccanica non abbiano subito dei traumi durante gli eventuali spostamenti, e questo si può fare solo smontado lo strumento e controllando che tutto sia regolare; il volume di uscita è estremamente basso, il segnale è monoaurale e necessita di una salutare preamplificazione per poter poi essere tirato a livelli accettabili sul banco di mixaggio o nell'amplificatore disponibile. Il Fender Rhodes degli anni d'oro è stato prodotto in due diversi tagli, 73 e 88 tasti, ed in differenti |
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versioni, denominate Stage Piano e Suitcase Piano. Il primo è il tradizionale strumento, montato su quattro zampe avvitate al fondo, con pedale a comando meccanico per il sustain (tutte le aste erano prodotte dalla Rogers); il secondo modello, più raro, è un vero e proprio armadio composto dal pianoforte e da un grosso blocco di amplificazione che prende il posto delle zampe e che sostiene, in stereofonia, la tastiera. |
Le differenze circuitali
tra i due strumenti comprendono la presenza, nel modello
Suitcase, di un tremolo stereofonico, regolabile in
intensità e frequenza, e di una sezione di
equalizzazione composta di bassi e acuti. |
Il Wurlitzer EP 200 | |
Se, paragonata a quella di uno strumento attuale, la gestione del Fender Rhodes vi sembra complessa, aspettate a vedere come funziona il Wurlitzer, altro storico pianoforte elettrico, disegnato agli inizi degli anni '60. L'estensione dello strumento è pari a cinque ottave, i tasti sono in legno ed il suono è prodotto facendo percuotere alla martelliera una serie di lamelle d'acciaio che portano sull'estrimità anteriore una piccola massa di stagno. La punta vibrante si muove di fronte al solito sistema di pick ups che ne rileva il movimento e lo traduce al sisteme di amplificazione incorporato. A differenza del Fender Rodhes, il Wurlitzer è dotato di due controlli di volume e di tremolo, non possiede regolazione dei toni e la meccanica del pedale è di tipo morbido, con un rimando a filo che assomiglia al freno di una motocicletta. | |
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Abbiamo accennato ad una massa di stagno sulla punta delle lamelle; questo sistema, che nel funzionamento ricorda abbastanza quello di uno scacciapensieri, basa la propria omogeneità timbrica sulla forma della massa di stagno e la sua intonazione sulla quantità della medesima... immaginate l'accordatura del piano, realizzata con il saldatore in una mano e la lima |
nell'altra. Il timbro del Wurlitzer è più ricco di armoniche e più rapido nel decadimento rispetto al Rhodes, e la presenza di una maggiore quantità di distorsione sul transiente d'attacco ne permette un impiego maggiormente ritmico, con tutte le conseguenze che possono derivare dalla disastrosa rottura delle lamelle. |
Il Pianet Hohner
Di diffusione ancora più
limitata, l'Hohner Pianet è uno strumento a quattro ottave che
sfrutta, per il suo funzionamento, una serie di lamelle
metalliche che vengono forzate e lasciate vibrare dal movimento
del martelletto; il risultato è un suono morbido, vagamente
percussivo, che, per la peculiarità della sua generazione
sonora, non può essere messo in sustain con nessun sistema di
pedali. Ancora una volta, di fronte ad ogni lamina, c'è un pick
up che si preoccupa di raccogliere il suono e di indirizzarlo
all'uscita per l'amplificatore.
Continua...